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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Digiunare fa bene

In questo periodo dell'anno in particolare molti seguono una qualche dieta alimentare. C'è finanche chi per smaltire i grassi in eccesso osa digiunare completamente. Il mio intento non è parlarvi della forma fisica. Tutt'altro.

In una società sempre più attenta ai consumi alimentari sta scemando la prassi del digiuno come pratica ascetica, per temprare e migliorare l’anima. La Bibbia presenta il digiuno come qualcosa di proficuo, senza mai comandarlo. Spesso collegato alla preghiera (Luca 2:37; 5:33), in Atti leggiamo che i credenti digiunavano prima di prendere decisioni importanti (13:4; 14:23). Appare chiaro che non è tanto un’astensione dal cibo, quanto un modo per distogliere lo sguardo dalle cose mondane per concentrarsi su Dio, ed è un uso condiviso in tutte le fedi monoteistiche. Per molti sembra un controsenso rinunciare al cibo, e si associa il digiuno al binomio carestia-malattia: o per penuria o per necessità. Così si continua a mangiare troppo e male, attribuendo al cibo significati distorti: fonte di piacere, sfogo alle frustrazioni, compensazione per la tristezza, l’ansia o la rabbia, e finanche surrogato del desiderio sessuale. Ci si nutre in eccesso rispetto alle reali esigenze caloriche, senza controllo, senza freni inibitori, facendo di fatto del cibo una specie di “droga”, che reca gravi danni alla salute, esponendo a quelle che sono note come le malattie del benessere (diabete, obesità, dislipidemie, ipertensione arteriosa, cardiopatie, cerebropatie, neoplasie).


Recenti studi medici affermano che il digiuno favorirebbe la depurazione del corpo, proteggendolo da malattie, tonificando lo spirito, e agendo come un fattore importante di igiene mentale. Accompagnato da uno stile di vita equilibrato, senza eccessi, come quello che “solitamente” conduce un credente, aiuta a mantenere un giusto peso-forma, che oltre al benessere corporeo contribuisce alla gratificazione psicologica. Alcune ricerche inoltre segnalano come un eccesso di cibo sia il principale responsabile del diabete, delle malattie cardiovascolari, dei tumori e finanche di una mortalità precoce. Si conclude allora che meno alimenti assumiamo meglio stiamo. Infatti, eminenti professori sostengono come l’organismo non risente negativamente dell’astensione limitata di cibo; anzi con un digiuno praticato un giorno alla settimana ogni 10-15 giorni, ne trae beneficio perché genera al suo interno le sostanze chimiche di cui ha bisogno, determinando un salutare riequilibrio di molte funzioni biologiche. Se ne traggono benefici anche sul piano psicologico perché mette la mente in condizione di poter tenere sotto controllo le proprie pulsioni, fortificando la volontà dell’individuo e allenandolo a superare le difficoltà esistenziali della propria vita. Il professore Umberto Veronesi non ha esitato a dichiarare in proposito come “dedicare un giorno ogni settimana alla totale astensione dal cibo non solo non faccia male, ma aiuti a formare il carattere, a manifestare una scelta etica e a proteggere la propria salute”, perché “un’alimentazione corretta secondo i dettami della scienza e almeno un giorno di digiuno ogni settimana possono rappresentare un nuovo e stimolante stile di vita”.


Sul piano spirituale bisogna scindere i benefici e le motivazioni, anche se queste possono conciliare. Nella prassi religiosa il digiuno resta un modo per interrompere temporaneamente qualcosa per concentrarsi su Dio e non per sembrare più spirituale degli altri. Inutile cercare quello più efficace, legandolo a spunti biblici, come quello di Daniele o di quaranta giorni ad esempio, con le varianti proposte da qualche leader del momento. Certe esagerazioni e esasperazioni trasmettono l’idea errata che attraverso il nostro digiuno Dio fa quello che vogliamo e chiediamo in preghiera. Ritengo invece sia uno strumento per disciplinare e cambiare noi stessi. Siccome riguarda il nostro rapporto con Dio, dovrebbe restare privato e nascosto e praticato in uno spirito di umiltà e di atteggiamento gioioso. “E quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità: questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa” (Matteo 6:16-18).


Distogliendo il nostro sguardo dalle tante pietanze di questo mondo, possiamo solamente farci del bene. Ci sono momenti di cordoglio, pentimento e/o di profondo bisogno spirituale in cui va via la fame, e il digiuno diventa occasione per concentrarci su Cristo e la Sua opera. La pratica, i modi e i tempi, li reputo una questione personale. Ogni qual volta tentiamo di rendere generale un’esperienza personale leghiamo Dio a un potenziale umano. Il digiuno, infine, oltre ad essere una pratica diretta all'instaurazione di un legame più profondo tra noi e Dio, potrebbe essere inteso anche come una scelta etica, uno stile di vita fatta di "rinunce", termine inteso nel senso più ampio, e riferito al servizio verso gli altri, come ci mostra il profeta Isaia. «Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?» (Isaia 58:6-7). Inteso in questo modo, il digiuno incoraggia l’umiltà, allenta le catene dell’ingiustizia, slega le corde del giogo, libera l’oppresso, nutre l’affamato, provvede per il povero e riveste chi è nudo. Questo concetto del digiuno non è questione temporanea di un giorno, ma uno stile di vita e di servizio a Dio e agli altri, che reca bene e benefici in modo ambivalente.


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Foto di Jean Scheijen, www.freeimages.com


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