Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Matteo 5:13
Gesù esponeva questi insegnamenti dal Mar Morto (a 392 metri sotto il livello del mare), da dove provenivano grandi quantità di sale. Gli Ebrei, per raccoglierlo, riempivano d’acqua delle vasche lungo la sua sponda, e lasciavano che il sole la facesse evaporare. Il sale grezzo così ottenuto veniva lavato poi nell’acqua marina, purificato e pestato in finissima polvere. Il sale non era soltanto un condimento, era un conservante naturale, necessario per mettere il pesce in salamoia, per conservare la carne, per mettere sotto sale le verdure, comprese le olive. Visivamente a tavola nessuno si accorge del sale, ma se manca tutti lo avvertono al palato. Siccome nella vita quotidiana veniva usato come conservante, divenne il simbolo stesso della durata. Quando gli Ebrei offrivano oblazioni dovevano aggiungervi del sale per simboleggiare la durata del patto con Dio (Levitico 2:13; Ezechiele 43:24). Il Signore stabilì con i sacerdoti un patto che definì “di sale” per indicare che sarebbe stato un accordo perpetuo, visto che non si guasta e nel tempo mantiene inalterate le sue caratteristiche (Numeri 18:19). I rabbini erano soliti ripetere che “la Toràh è come il sale e il mondo non può stare senza sale”. Facendo propria questa immagine, Gesù sa di usare un’espressione che può suonare provocatoria. Non smentisce tale convinzione, ma afferma che anche i suoi discepoli lo sono, se assimilano la Sua parola e si lasciano guidare dalla sapienza delle beatitudini enunciate. Non è più solo la Legge ad assomigliare al sale, ma i discepoli sono il sale della terra. Questi, avendo reso prima di tutto la propria vita saporita, possono dare gusto anche alla terra, alla storia degli uomini vivendo secondo la sapienza della croce.
Il “voi siete” di Gesù non è un imperativo etico, ma un annuncio identitario al plurale. L’adesione personale dà vita ad un contesto comunitario dove ogni singolo difetto è coperto dai pregi altrui, cosicché all’esterno viene trasmesso esclusivamente un buon sapore. Come il sale impedisce la putrefazione, così i credenti dovrebbero essere un freno alla corruzione del mondo. L’apostolo Paolo paragona la saggezza al sale, ammonendo i Colossesi affinché i loro “discorsi siano sempre pieni di grazia e conditi con sale” (Colossesi 4:6). Altra considerazione potrebbero suggerire le terre impregnate di sale e sterili (Giobbe 39:6) o lo spargimento di sale sulle città votate allo sterminio (Giudici 9:45). Preferisco ricordare che il sale provoca sete, e i credenti dovrebbero dare la sete delle cose di Dio. Chi cucina, sa che mettere il sale nei cibi richiede discernimento e misura, ma è soprattutto consapevole di compiere questa azione per dare gusto. Ebbene, i discepoli dovrebbero esercitare tale discernimento e conoscere la “misura” della loro presenza tra gli uomini: solidarietà fino a “nascondersi” come il sale negli alimenti, e misura, discrezione, consapevolezza di essere solo apportatori di gusto. Dietro questa capacità è celato un duro lavoro di formazione e modellamento che richiama la lavorazione del sale, sottoposto ad un processo di trasformazione che comprende la sminuzzatura e la triturazione fino a renderlo quasi invisibile. Paragonato alla nostra vita di discepoli, si tratta di renderci disponibili verso gli altri.
Gesù mette in guardia i discepoli dal pericolo di perdere il proprio sapore. Per quanto possa apparire inconcepibile, li considera capaci di rovinare il sale: possono far perdere al vangelo il suo sapore. C’è un solo modo: mischiare il sale con altro che ne alteri la purezza e la genuinità. Il Vangelo ha un suo gusto e non va snaturato, altrimenti non è più vangelo. Se tendiamo ad addolcire il Vangelo per renderlo maggiormente “praticabile”, lo stiamo privando del suo sapore. È il fallimento della missione, indicato metaforicamente con l’immagine del sale gettato sulla strada: viene calpestato, come la polvere cui nessuno presta attenzione né attribuisce alcun valore. Come sale della terra, siamo chiamati a conservare la fede ricevuta e a trasmetterla intatta agli altri. La nostra generazione è posta con particolare forza di fronte alla sfida di mantenere integro il deposito della fede: “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Romani 12:2). Saliamo!
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 47
18 novembre Ezechiele 11-13; Giacomo 1
19 novembre Ezechiele 14-15; Giacomo 2
20 novembre Ezechiele 16-17; Giacomo 3
21 novembre Ezechiele 18-19; Giacomo 4
22 novembre Ezechiele 20-21; Giacomo 5
23 novembre Ezechiele 22-23; 1Pietro 1
24 novembre Ezechiele 24-26; 1Pietro 2
Commenti