Ora, perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non scorgi la trave che è nel tuo proprio occhio?
Luca 6:41
I fichi non si raccolgono dalle spine e l’uva non si trova nei rovi. Ogni albero si riconosce dal frutto, e quando gusti un buon frutto lodi la pianta che lo ha prodotto. Gesù utilizza questa semplice verità per richiamare i discepoli e i suoi ascoltatori (v. 27) a non fermarsi a guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma piuttosto a fare attenzione alla trave che può essere nel proprio occhio. E lo fa con una parabola: “Può un cieco far da guida a un altro cieco? Non cadranno tutti e due nella fossa? Nessun discepolo è da più del suo maestro, anzi ogni discepolo ben addestrato sarà come il suo maestro” (vv. 39-40). Tutti, probabilmente per cultura o per il contesto nel quale viviamo, siamo pronti ad osservare e dopo a giudicare o criticare quello che fanno gli altri. Questo atteggiamento parte dal presupposto che si è sempre più capaci di chi si giudica. Gesù ci viene incontro con un esempio che attinge dalla normalità artigianale: lavorare il legno, la pietra o i metalli può produrre pagliuzze o detriti fastidiosi per gli occhi, e in alcuni casi anche pericolosi. Di solito quando hai qualcosa nell’occhio, la prima cosa che vien da fare è strofinarlo, ma prima ancora l’occhio si abbassa la palpebra. Di conseguenza, se hai qualcosa nell’occhio non riesci a guardare. Allora com’è possibile che riesci a vedere la “pagliuzza” nell’occhio altrui?
Gesù utilizza questo esempio per indurre gli ascoltatori ad un autocontrollo. Cosa può essere questa trave? Certamente il pezzo di legno serve per farci riflettere. A me ha suggerito tre cose. La prima, quella del pregiudizio, dato che abbiamo il nostro modo di pensare prevenuto, in virtù del quale ci relazioniamo con gli altri. Dio non ci ha fatto uguali, ma ci ha voluti diversi l’uno dall’altro. Oltre il pregiudizio c’è una trave più fastidiosa, ed è quella della gelosia o dell’invidia. L’invidia arriva a far soffrire le ossa. Guardi l’altro con disprezzo. Siamo chiamati invece a guardare con gli occhi del Signore. C’è una terza trave ancora. Ed è la trave della presunzione, la trave dell’orgoglio, del “Io sono…”. Coloro che ne sono succubi si ritrovano presto abbandonati. Nello stesso testo di Luca possiamo leggere: “Siate dunque misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato” (vv. 36-37). Questo dovrebbe essere il nostro atteggiamento, ovvero a saper vedere i propri limiti e peccati, dunque a uscire dalla cecità che è sempre incapacità e non volontà di vedere il male che abita nel proprio cuore.
Un apologo indiano racconta di un discepolo che si era macchiato di una grave colpa. Tutti gli altri reagirono con durezza condannandolo. Il maestro, invece, taceva e non reagiva. Uno dei discepoli non seppe trattenersi e sbottò: “Non si può far finta di niente dopo quello che è accaduto! Dio ci ha dato gli occhi”. Il maestro, allora, replicò: “Sì, è vero, ma ci ha dato anche le palpebre”. Qualche volta dovremmo chiedere al Signore di chiuderci gli occhi, tapparci le orecchie e soprattutto turare la bocca. Chi è stato raggiunto dall’amore di Dio ed ha compreso di avere delle schegge enormi nei propri occhi saprà essere misericordioso. Possiamo, e dobbiamo, riprenderci l’un l’altro per esortarci a fare meglio. L’eventuale riprensione fraterna non sia confusa con il dito puntato, pronto a ferire piuttosto che aiutare. Il credente che ha intrapreso un cammino di conversione potrà aiutare l’altro a riconoscere i suoi limiti solo se mette in discussione la sua vita, differentemente dal rivoluzionario che vuole cambiare tutto ma non se stesso. Non abbiamo bisogno di rivoluzionari nella chiesa del Signore. Ogni credente timorato di Dio avrà uno stile di vita proteso ad imparare. Spero di contribuire a tal riguardo affinché possiamo guardarci offrendoci supporto e incoraggiamento, perché il Signore ci ha chiamato a questo. Poniamoci all’ascolto della Parola, che ci insegna a parlare a Dio, a pregare, ma anche a comunicare gli uni gli altri per il bene di tutti.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 03
13 gennaio Genesi 31-32; Matteo 9:18-34
14 gennaio Genesi 33-35; Matteo 10:1-20
15 gennaio Genesi 36-38; Matteo 10:21-42
16 gennaio Genesi 39-40; Matteo 11
17 gennaio Genesi 41-42; Matteo 12:1-23
18 gennaio Genesi 43-45; Matteo 12:24-50
19 gennaio Genesi 46-48; Matteo 13:1-30
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