Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone; ma Israele non ha conoscenza, il mio popolo non ha discernimento.
Isaia 1:3
Se qualcuno pensava che il bue e l’asino erano un’invenzione coreografica per arricchire la scena della natività di Gesù, fuori da ogni citazione biblica, dovrà ricredersi. Infatti, il profeta Isaia li prende ad esempio e profetizza che differentemente dal bue e dall’asino che sanno riconoscere perfettamente il loro padrone il popolo di Israele invece si ribella a Dio. Il Signore quindi si lamenta con questo paragone zoofilo dell’ottusità di coloro che seppur chiamati popolo di Dio non lo conoscono e non lo considerano. Conosciamo meglio quelli che sarebbero due animali non solo bruti, ma del tipo più ottuso; eppure il bue ha un tale senso del dovere da conoscere il suo padrone e servirlo, sottomettersi al suo giogo e attirarlo; l’asino ha un tale senso di interesse da sapere che ha la mangiatoia del padrone, dove viene nutrito, e non si allontanerà da essa anche se sarà lasciato libero.
Il bue è noto per la sua forza lavorativa. La sua presenza nelle pagine bibliche è antichissima. In Egitto era famoso il culto del bue (o toro), ricordiamo il vitello d’oro realizzato ai piedi dell’Oreb. Nel paese di Canaan, l’animale sacro era il toro, simbolo di forza e fertilità. Si tratta di animali importanti per il lavoro agricolo (Amos 6:12) e per il trasporto (Proverbi 14:4), di cui il comando di «non mettere la museruola al bue che trebbia» (Deuteronomio 25:4; 1 Corinti 9:9), che evidenzia un sentimento di rispetto verso gli animali. Erano i buoi a trainare il carro che recava l’arca dell’alleanza (1Samuele 6:7) oltre ad essere considerati adatti per i sacrifici (1Re 8:62-66). Possedere questi animali è sinonimo di ricchezza. Giobbe, infatti, tra le sue ricchezze possedeva 500 paia di buoi. Il giogo attaccato al collo del bue addomesticato, lo rende simbolo di sottomissione paziente, di forza pacifica e di mitezza.
L’asino è un animale da carico, sinonimo di lavoro e disponibilità. Era utilizzato per far girare le macine dei mulini (Isaia 30:24) e in Egitto le ruote dei pozzi. Compare nella Bibbia, per la prima volta, caricato della legna per il sacrificio da Abramo che va sul monte Moria a sacrificare Isacco (Genesi 22:3-5). Quando ritorna in Egitto per compiere la missione che Dio gli aveva affidato, Mosè scegli degli asini per farvi montare sua moglie e i suoi figli (Esodo 4:20). L’asino diviene una figura sapienziale in quanto capace di riconoscere i segni di Dio e di opporsi a Balaam che non comprende la parola di Dio (Numeri 22:23-35). Al contrario del cavallo che era la cavalcatura del re, la cui potenza si misurava dal numero dei cavalli che possedeva per fare la guerra, l’asino è animale di lavoro e si impiega in tempo di pace. Ma è anche cavalcatura modesta, quella del Messia che cavalcherà un’asina (Zaccaria 9:9), proprio come apparirà Gesù agli occhi dei discepoli e della folla (Matteo 21:2,7; Luca 19:30-35; Giovanni 12:14).
Trovo illuminante per la nostra meditazione un’antica leggenda. Un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti ad aiutare Maria e Giuseppe nella stalla a Betlemme. Per primo, si presentò il leone. “Solo un re è degno di servire il Re dei re”, ruggì. “Mi piazzerò all’entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi”. “Sei troppo violento”, disse l’angelo. Subito dopo arrivò la volpe. Con aria furba e innocente, insinuò: “Io sono l’animale più adatto. Per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato. Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo”. “Sei troppo disonesta”, disse l’angelo. Altezzoso e splendente arrivò il pavone con la sua magnifica ruota colorata: “Io trasformerò quella modesta stalla in una reggia più bella del palazzo di Salomone”. “Sei troppo vanitoso” replicò l’angelo. Uno dopo l’altro, tanti animali passarono invano. L’angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene. Notò allora che lì vicino, in un campo, l’asino e il bue continuavano a lavorare a testa bassa. Così li chiamò: “E voi non avete niente da offrire?”. “Niente”, rispose l’asino e afflosciò mestamente le lunghe orecchie. “Non abbiamo imparato niente oltre all’umiltà e alla pazienza. Tutto il resto significa solo un supplemento di bastonate”. Il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse: “Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code”. L’angelo finalmente sorrise: “Voi siete quelli giusti!”.
Caro lettore, chi sono oggi il bue e l’asino? Chi “il mio popolo” che non comprende o fa fatica a riconoscere il suo Dio? Traiamo spunto da questa riflessione, e dalla giornata anche, per scegliere spontaneamente di essere il più vicino a quella mangiatoia sinonimo di modestia e umiltà che il cristianesimo odierno ha ormai dimenticato, vestendosi di gloria e onori terreni.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 53
25 dicembre Sofonia; Apocalisse 16
26 dicembre Aggeo; Apocalisse 17
27 dicembre Zaccaria 1-4; Apocalisse 18
28 dicembre Zaccaria 5-8; Apocalisse 19
29 dicembre Zaccaria 9-12; Apocalisse 20
30 dicembre Zaccaria 13-14; Apocalisse 21
31 dicembre Malachia; Apocalisse 22
Comments