Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E subito, mentre ancora parlava, il gallo cantò.
Luca 22:60
Siamo nel pieno dell’estate, e nonostante gli effetti climatici stanno lasciando dolorosi segni in alcuni territori conseguenza anche della nostra pessima gestione ambientale, c’è per molti una grande voglia di evadere, come testimoniano i numeri del periodo. Ma noi non siamo qui per parlare di vacanze o fare analisi socio-economiche. Il nostro intento è offrire una meditazione che possa giungere all’anima e tener viva la fede di ciascuno. Tornando alle possibili villeggiature, chi ha avuto la possibilità di trascorrere qualche giornata in zone rurali avrà avuto non solo il piacere di ascoltare il cantare dei grilli e delle cicale, ma anche di qualche gallo alle prime luci dell’alba. Ed è a un gallo che vogliamo dedicare la nostra attenzione.
Nella parte centrale della storia lucana quando trovano adempimento le parole rivolte da Gesù a Pietro: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte», ecco il nostro pennuto prendersi la scena e far sentire le sue qualità canore. Al suo cantare, un sipario immaginario calava sulla presunzione del discepolo, il quale, andato fuori, pianse amaramente (Luca 22:61-62). Tutti i Vangeli narrano questo episodio, di certo non felice per Simone, a ricordarci che le cadute e i fallimenti sono dietro l’angolo di ognuno. Questo potrebbe amplificare la sofferenza del momento di qualcuno, che come Pietro era certo che niente e nessuno avrebbe mai potuto farti desistere, mentire e/o abiurare. Il punto di crisi è cadere, e cadere in malo modo. Il fallimento di Simone è forse il peggiore “perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli” (Marco 8:38). Negare l’evidenza è pessimo. E l’espressione “non so quel che dici” a chi lo indicava non lo tira fuori dal pantano. Anzi, peggiora la sua condizione.
Senza i Vangeli, leggendo solo il libro degli Atti, avremmo una percezione diversa, parziale, di Pietro, il quale veste i panni del predicatore, del perseguitato, del guaritore o del liberato; di sicuro una figura di riferimento per la nascente comunità cristiana. Ma i Vangeli ci fanno conoscere un prima, perché dietro ogni presente c’è un passato. Il nostro pescatore doveva aver tratto importanti lezioni dagli errori del passato, da tutte le incertezze, le insicurezze, gli impulsi, le cadute e i fallimenti, nonostante fosse al fianco del Maestro. Infatti, la notte del tradimento, non gli fu sufficiente la determinazione e la sicurezza, che lo avevano fin lì contraddistinto, per evitare uno dei momenti più bui della sua vita. Da tre anni al fianco di Gesù, la sua vita aveva ricevuto un’impronta speciale da quel giorno in cui, mentre rassettava le reti da pescatore, si sentì dire: “Seguimi. Io ti farò pescatore di uomini vivi”. L’evangelista Luca racconta che nella notte dell’arresto di Gesù, a poche ore dalla sua veemente dichiarazione di essere disposto a dare la vita, Simone non troverà la forza necessaria per dichiararsi uno dei seguaci del Galileo. Infatti, per tre volte nega di conoscerlo. Aveva seguito Gesù, tenendosi a distanza. Voleva far qualcosa, ma non era capace. Gesù era tra gli accusatori, come una pecora muta davanti ai tosatori. Pietro scoprirà di essere altrettanto solo, quando al terzo diniego ode cantare il gallo, come annunciato dal Galileo. Proprio in quell’istante Gesù esce dalla casa del sommo sacerdote e incrocia lo sguardo dell’amato discepolo, che scoppia in un pianto amaro.
La forza di Pietro sta nel prendere immediatamente coscienza di quanto compiuto e il pianto amaro lo testimonia. Se qualcuno non sa quel che dice, tu sai quel che fai. Il rinnegatore non concede tempo al nemico di accusarlo, ma nel momento che incrocia lo sguardo di Gesù, percepisce la comprensione, la solidarietà e soprattutto la misericordia di chi aveva cercato di metterlo amorevolmente in guardia. Forse dovremmo ritrovare questa forza, spesso confusa con la debolezza. Chi prende atto degli errori e si rialza ne viene fuori più forte. Ma nell’immediato il discepolo fa fatica, al punto che dopo la resurrezione e le prime apparizioni, decide di tornare a pescare. Colui, al quale era stato preventivato di diventare “pescatore di uomini”, è ancora Simone e nelle sue vene scorre il sangue di un pescatore. Quindi la sua decisione è: “Vado a pescare”. Il risultato però fu un insuccesso totale. Una notte intera senza tirare a bordo neanche un pesciolino. Nel momento che la disperazione poteva prendere possesso dalla riva una voce… Il Signore era proprio là, come è proprio qua! Mentre ci affatichiamo invano, il Suo amorevole sguardo non ci lascia. Egli è pronto a darci la dritta giusta, è pronto a riabilitarci, è pronto ad affidarci il suo gregge.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 35
22 agosto Salmi 110-112; 1Corinti 5
23 agosto Salmi 113-115; 1Corinti 6
24 agosto Salmi 116-118; 1Corinti 7:1-19
25 agosto Salmi 119:1-88; 1Cor. 7:20-40
26 agosto Salmi 119:89-176; 1Corinti 8
27 agosto Salmi 120-122; 1Corinti 9
28 agosto Salmi 123-125; 1Cor. 10:1-18
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