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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Il più grande dei comandamenti

«Non c'è altro comandamento più importante di questi».

Marco 12:31

Nel marasma di prescrizioni e decreti dell’ebraismo, alcuni dottori della Legge erano alla tormentata ricerca di quale fosse il primo comandamento (Matteo 22:34-40), il più grande, quello che, se osservato, avrebbe garantito la vita eterna (Luca 10:25-28). La ricerca intendeva trovare anche un compendio alla Legge e ai Profeti (Matteo 22:40), agli innumerevoli precetti assegnati. Il Talmud, infatti, dichiara che per mezzo di Mosè furono dati 613 comandamenti, 365 negativi (il numero dei giorni dell'anno) e 248 positivi (il numero delle membra del corpo umano); venne poi il re Davide il quale li portò a 11 (Salmo 15); Isaia li ridusse a 6 (33:15-16); Michea li portò a 3, (Michea 6:8); ancora Isaia a 2 (56:1): “Osservate il diritto e praticate la giustizia”; infine Abacuc li ridusse ad uno solo: “Il giusto vivrà per fede” (2:4). Ora uno scriba, conoscitore delle Scritture, si reca da Gesù e gli pone il quesito. Non oso immaginare cosa lo avesse indotto a rivolgersi al Maestro, se fossero solo dubbi personali o se fosse accaduto qualcosa che stava minando la sua storica fede. Quel che conta è che trova modo e coraggio di farsi avanti, perché piuttosto che lasciarsi rodere dai dubbi è sempre meglio fare domande. Nessun quesito sarà di poco conto o scarso interesse. Per ogni domanda ci sarà sempre una risposta.


Gesù partì dal principio, ossia dalla Legge, e ricordò al suo interlocutore che il più grande e il primo dei comandamenti era “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”, ma che ve n’era un secondo, altrettanto simile al primo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Matteo 22:37-38). Successivamente l’apostolo Paolo, da ebreo, accoglie la tradizione talmudica del giusto che vivrà per fede (Romani 1:17), ma ritiene che fede è entrare nella logica del piano d’amore di Dio, perciò scrive: “Infatti questi comandamenti: «Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dir falsa testimonianza, non desiderare», e se vi è qualche altro comandamento, si riassumono tutti in questo: «Ama il tuo prossimo come te stesso». L’amore non fa alcun male al prossimo; l’adempimento dunque della legge è l’amore” (Romani 13:9-10). Amare il prossimo come se stessi. Nulla è più difficile di ciò. Eppure è chiaro l’esempio del Maestro, che si è fatto solidale con noi fino in fondo, fino alla morte. Guardando a Lui, il cristiano è chiamato a farsi prossimo (Luca 10:29-37) a chi è nel dolore e nella sofferenza.


L’amore per il prossimo, che alcuni chiamano anche “carità fraterna”, non necessita di chissà quali azioni ciclopiche, non è un linguaggio che si alimenta di vocaboli, ma è fatto di piccoli gesti capaci di comunicare la propria presenza a chi è nel bisogno: una vicinanza, anche silente; un attitudine a porgere più l’orecchio che la spalla, ossia la disponibilità all’ascolto; quando necessario, condivisione di quel che si ha. Tutto quello che è in grado di assicurare una cura per l’altro. Ad ogni livello sociale e in qualsiasi posizione ci troviamo, ci sarà sempre un prossimo di fronte o accanto a noi. Tenerlo ben presente e chiaro nella mente potrebbe rendere il mondo un posto migliore. Ma le cose stanno diversamente, purtroppo. Una terribile convinzione diffusa è che non succederà mai nulla di irreparabile, che fa sì che si compiono gesti scellerati. Ed è ovvio che se c’è un minimo interesse non potrà esserci più l’amore che Dio richiede, dato che amare vuol dire dare (donare) senza aspettarsi nulla in cambio. Tutt’altro. Solitamente chi più è amato più ti tradisce e ti fa del male. Se uno ha fede non potrà non amare, perché è la fede stessa ad animare le azioni stesse, e ciascuna di essa dirà se abbiamo o meno amore.


Gli apostoli esortano ad amarci intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri. Il comandamento nuovo dell’amore vicendevole diventerà elemento distintivo dei discepoli (Giovanni 13:34), restando l’unica traduzione possibile del comando di amare Dio. Quanto dobbiamo ancora crescere nel rispetto, nella tolleranza, nella comprensione, nella pazienza, nella benevolenza… per non riscoprirci “un bronzo risonante o uno squillante cembalo” (1Corinzi 13:1), ossia strumenti incapaci di emettere un suono armonico, ma soltanto un rumore lontano parente di una melodia. Riflettiamo.




Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 23

31 maggio 2Cron. 13-14; Giov. 12:1-26

01 giugno 2Cron. 15-16; Giov. 12:27-50

02 giugno 2Cron. 17-18; Giov. 13:1-20

03 giugno 2Cron. 19-20; Giov. 13:21-38

04 giugno 2Cron. 21-22; Giovanni 14

05 giugno 2Cron. 23-24; Giovanni 15

06 giugno 2Cron. 25-27; Giovanni 16



foto da www.freeimages.com


 

Russo


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