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Indignarsi può fare del bene

Immagine del redattore: Elpidio PezzellaElpidio Pezzella

Aggiornamento: 8 feb 2021

Allora egli, guardatili tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza del loro cuore, disse a quell’uomo: «Stendi la tua mano!».

Marco 3:5

Ti sei mai indignato? Gesù sì! Il primo vangelo non ce lo nasconde, ma tratteggia chiaramente senza timidezza e ritrosia le sue reazioni all’atteggiamento “duro del cuore” di chi non riesce a provare compassione, ad avvicinarsi alla sofferenza altrui. Si tratta di un moto dell’animo da distinguere dalla rabbia, intesa come scatto di ira. Nel Nuovo Testamento abbiamo due termini greci per differenziare rabbia e indignazione. Uno significa “passione, energia”; l’altro “agitazione, ribollire”. L’indignazione di Gesù è intrisa di energia e passione per risolvere i problemi, per difendere altri o lottare per un giusto principio come nell’episodio del tempio (Giovanni 2:13-18). E non è l’unico. La reazione di Davide alle parole del profeta Nathan è indignazione per l’ingiustizia compiuta (2Samuele 12), anche se il re non aveva compreso che si parlasse di lui. Paolo si indignerà con Pietro per il suo comportamento pro giudaismo (Galati 2:11-14). In questa prospettiva riusciamo a comprendere come sia possibile arrabbiarsi e non peccare (Efesi 4:26). Quando invece si tende ad agire malvagiamente bisogna rimediare prima che il sole tramonti. Giovanni Crisostomo affermava che “chi non si sdegna quando c’è motivo, pecca. Una pazienza irragionevole semina i vizi, favorisce la negligenza e sembra indurre al male non solo i cattivi ma anche i buoni”. Proprio come accadde al sacerdote Eli con i figli (1Samuele 2).


In questi giorni mi soffermavo a considerare alcune parole del professor Paolo Crepet sull’argomento e sugli atteggiamenti diffusi nel mondo virtuale. “L’aspetto più curioso dell’indignazione digitale è che di norma si agisce più nei confronti delle persone che delle idee. Ma questo tipo di indignazione non produce cambiamento, è sterile. La bellezza e la sacralità contenute in tale parola dipendono, invece, dalla forza critica che è necessaria per farla propria. L’indignazione è movimento, non staticità; è "moto contro", dunque fatica. Si potrebbe pensare che chiunque possa indignarsi, invece non è così. Occorrono conoscenza, profondità, sapere. È necessario possedere una visione opposta a ciò che si intende criticare, non ci si può limitare a sparare nel mucchio. (...) Educare significare preparare le giovani generazioni a esercitare il proprio diritto allo sdegno, perno di cambiamento e di libertà. Per arrivare a conquistare questa capacità, sono necessarie crescita e maturazione della stima di sé”.


Questo “moto contro” resta un movimento viscerale scatenato dalla compassione, che non resta mai ferma a guardare. Quando questo moto di “ira” non rivela una nostra passione per la giustizia e per la verità, ma è piuttosto alimentato dal fuoco dei propri interessi, dell’egoismo fine a se stesso, dobbiamo dare ascolto all’apostolo Giacomo: “sia ogni uomo pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all'ira, perché l’ira dell'uomo non promuove la giustizia di Dio” (1:19-20). Quando ciò accade ci stiamo nascondendo dietro al vessillo della “giustizia divina” per combattere le nostre guerre. Come sia possibile discernerlo? Credo sia molto semplice, o meno difficile di quanto possiamo supporre. Quando la rabbia prende il sopravvento, l’energia generata non è impiegata per combattere un’ingiustizia, il nostro parlare (o scrivere) della verità non è condito con sale e l’amore è del tutto assente, al punto che il nostro interlocutore percepisce aggressione e violenza. Un’indignazione conveniente è quella che esclude ogni esagerazione e irruenza, limitandosi alla giusta misura e ai mezzi permessi, perché ogni eccesso è difetto. Se quel che ci anima è onesto, utilizzeremo parole che edifichino gli altri; se ci reputiamo una buona sorgente, faremo attenzione ad evitare che dalla nostra bocca escano parole distruttive (Efesini 4:15-19). Il parlare violento e arrogante è caratteristica dell’uomo carnale (Romani 3:13-14), di chi ha permesso nel tempo alla rabbia di sedimentarsi e accumularsi nel cuore e di modificare la visone della realtà, fino a sviluppare una falsa spiritualità.


Gesù è “mosso a compassione”, sente nelle viscere un moto di rabbia per la situazione di sofferenza ed emarginazione della gente, differentemente dai dottori della Legge, dagli scribi e dai farisei, i quali in nome di Dio discriminano i peccatori e maltrattano i deboli. Nel testo di Marco si indigna (arrabbia) nei loro confronti. Pratichiamo allora l’indignazione che ci permette di seguire le orme del buon samaritano, che non passa oltre nell’indifferenza, ma si ferma per curare le ferite. Guardando a Gesù, scopriamo anche un Dio che si commuove nelle viscere, che si indigna contro il male che ci minaccia, contro le inquietudini che ci tolgono il fiato, e contro tutto ciò che distrugge la pace tra gli uomini. Mi piace scoprire che Dio è passionale e appassionato, e combatte al mio fianco. Con Lui voglio lottare (e indignarmi) affinché la luce splenda nell’oscurità del mondo. E tu?



Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 07

08 febbraio Levitico 4-5; Matteo 24:29-51

09 febbraio Levitico 6-7; Matteo 25:1-30

10 febbraio Levitico 8-10; Matteo 25:31-46

11 febbraio Levitico 11-12; Matteo 26:1-25

12 febbraio Levitico 13; Matteo 26:26-50

13 febbraio Levitico 14; Matteo 26:51-75

14 febbraio Levitico 15-16; Matteo 27:1-26



 

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Per rispondere all’aspirazione e al desiderio di tanti onesti credenti di trafficare i talenti ricevuti, mi sono impegnato a formare uomini e donne fedeli per “un servizio che serve”, seguendo l’invito di Gesù (Mt 20:26-27). Il materiale proposto vuole offrire occasioni di formazione e crescita personale non da paventare ad altri, ma una condivisione per crescere assieme, lontani da polemiche, accuse e ogni forma di giudizio volto a alimentare dissidi e contese inutili. Io ci provo! 

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