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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

La Memoria allontana la catastrofe

La giornata del 27 gennaio dedicata alla memoria, o quantomeno al tentativo di ricordare, deve purtroppo fare i conti con una diffusa cultura dell'amnesia, perché quando non si vogliono fare i conti con la realtà è meglio non ricordare o fare finta di dimenticare. La parola "shoah" vuol dire "catastrofe", e deve ricordarci che non solo gli ebrei, ma tanti i popoli e i cittadini inermi che sono finiti vittima di interessi di vario genere, celati nel nome di una ideologia o di una fede.

Una catastrofe è sempre pronta per piombarci addosso. Infatti, nel "diversamente" concepito o percepito il dramma si rinnova quotidianamente, raggiungendo una nuova shoah ogniqualvolta l'altro diventa il nemico da combattere e sottoporre al proprio pensiero, se non addirittura da eliminare. Ogni filo spinato è corona di spine al capo e al cuore di ognuno. Ogni muro costruito è sconfitta del diritto a vivere e a sognare. Ogni sterminio è umiliante sconfitta di tutti. Nonostante tutto, possiamo veder ancor spuntare fiori e vita.


Quanti hanno percorso i binari dello sterminio hanno fatto i conti con la barbarie umana. In tutti la consapevolezza che non c'era via d'uscita. E chi è sopravvissuto racconta: «Ad Auschwitz ho visto morire tutti quanti. Ho perso mio papà, mia sorella, tutti. Ero un ragazzino, mi sentivo annientato. Ho compreso dieci anni fa il potere consolatorio della memoria e l’importanza del testimoniare, mentre accompagnavo un gruppo di studenti ad Auschwitz-Birkenau. Per ogni passo che facevo, in un posto in cui avevo vissuto la tragedia, mi tormentavo con la domanda “Perché proprio io?” La risposta l’ho trovata negli occhi dei ragazzi che mi ascoltavano, nelle mani di una di loro, che mi ha preso la faccia e mi ha detto: “Sei arrivato fino a noi per raccontarcelo». Perché mai più si verifichi quella tragedia. È il mio compito, una missione. Sono stato scelto per dirvi che quando noi non ci saremo, ci sarete voi. Questa è la mia speranza». (Sami Modiano, fonte: Corriere della Sera).


Altri come Etty (Ester) Hillesum (ebrea olandese uccisa ad Auschwitz a soli 29 anni) hanno fatto una scoperta incredibile. Etty, nel bel mezzo di un'aridità mortale, scriveva nel suo diario: “Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio” (Il cielo vive dentro di me). Riusciva a dare spazio all'eternità in lei. Anche se lontani da ogni ipotetico campo di concentramento, ma nel bel mezzo di un deserto esistenziale dovremmo come lei riuscire a riconoscere che Dio è in ciascuno di noi come una sorgente molto profonda, nascosta agli sguardi esterni.


La memoria ha un potere consolatorio, che riesce a sfocare la morte impressa negli occhi. L'obbrobrio del passato dovrebbe renderci costruttori di un presente per tutti. A quel popolo Dio aveva ordinato: "Ricorda i giorni antichi, considera gli anni delle molte età passate, interroga tuo padre, ed egli te lo annuncerà, i tuoi vecchi ed essi te lo diranno" (Deuteronomio 32:7). Occorre rinnovare il doveroso esercizio della memoria accompagnandolo con cammini di collaborazione, sempre fonti di arricchimento nel confronto pacifico, deponendo ogni interesse di parte. Altrimenti una nuova catastrofe ci piomberà addosso.


"Ricorda queste cose, o Giacobbe, o Israele, perché tu sei mio servo; io ti ho formato, tu sei il mio servo; o Israele, non sarai da me dimenticato".

Isaia 44:21


 

Perché il 27 gennaio?

Il 27 gennaio 1945 l’abbattimento dei cancelli del campo di Auschwitz-Birkenau rivelò al mondo l'orrore del genocidio nazi-fascista. Queste uccisioni, portate avanti per anni con metodi scientifici dalla Germania nazista, durarono appunto fino al 27 gennaio del 1945, quando i carri armati dell’Armata Rossa, l’esercito sovietico, fecero irruzione nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, dove trovarono circa 7.000 prigionieri.


Quell’irruzione ha mostrato al mondo gli orrori dell’Olocausto e del nazismo, e gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati nei lager, rendendo questo luogo il simbolo della discriminazione e della sofferenza. Il 1° novembre del 2005, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, durante la 42esima riunione plenaria, la risoluzione 60/7 con la quale si riconosce ufficialmente il 27 gennaio come Giorno della Memoria. Da quel momento, ogni anno delegazioni provenienti da tutto il mondo partecipano alle commemorazioni organizzate ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento dell’Europa Centrale.


L’Italia ha riconosciuto l’importanza di celebrare un Giorno della Memoria cinque anni prima che venisse istituzionalizzata dalle Nazioni Unite. Con la legge del 20 luglio 2000, la Repubblica italiana ha infatti riconosciuto il 27 gennaio come Giorno della Memoria con l’obiettivo di «ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».

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