Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si leverà sulla terra. Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio.
Giobbe 19:25-26
L’esistenza che abbiamo ricevuto grazia e privilegio di vivere è come una tela che va decorandosi con il passare dei giorni e mutuandosi nel tempo fino al raggiungimento dell’opera finale. Chissà se l’orante si raffigurava nella mente la stessa cosa nel chiedere a Dio di poter imparare a contare i propri giorni per acquistare un cuore saggio (Salmi 90:12). Nessuno di noi poteva conoscere il giorno della sua nascita e parimente non siamo in grado di conoscere l’ora in cui il nostro corpo tornerà nella polvere (Genesi 3:19). Perciò, fin tanto che siamo in vita non smettiamo di scegliere responsabilmente i colori, miscelandoli secondo le migliori aspettative e prospettive. Non importa l’estensione della tela a nostra disposizione. Non saranno le dimensioni temporali ad accrescerne il valore. Prova insieme a me ad immaginare la tua vita come un dipinto. Cosa sarebbe oggi? Un autoritratto? Un ritratto di famiglia? Un paesaggio, un sentiero, una costruzione? Personalmente spero tutto tranne che un autoritratto, eccessiva espressione del sé, che esclude l’altro dal nostro raggio d’azione. Purtroppo la società odierna non fa altro che enfatizzare questa tipologia di tela. L’idea di possesso e di profitto hanno acquisito un’estensione tale da indurci a credere che l’altro sia un prodotto da usare fino a quando potrà esserci utile. Tuttavia la tela (la vita o il tempo) che stiamo colorando rifletterà sì la nostra immagine, ma anche quella familiare e sociale, il nostro essere a trecentosessanta gradi.
Ho letto più volte la storia di Giobbe, cercando di cogliere dal suo quadro esistenziale delle pennellate di pregio. Le sue tragiche giornate sono diventate proverbiali, e nei momenti di buio totale il suo pennello ha attinto altrove. Infatti, si coglie un sano orgoglio spirituale per ciò che è stato il suo passato, prima dell’indescrivibile tragedia: “il cuore non mi rimprovera uno solo dei miei giorni” (27:6). Aveva speso i suoi giorni a tinteggiare la tela di amore, giustizia sociale, solidarietà, saggezza, autostima, quando Dio lo proteggeva, “quando la sua lampada brillava sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre” (29:3). Un tempo vissuto senza rimpianti! Poi, all’improvviso, questo meraviglioso dipinto esistenziale, è imbrattato dal dramma della morte dei figli, dalla crisi economica e dalla malattia. I suoi amici, imbevuti da errate idee sull’agire di Dio, cercano di infondergli falsi sensi di colpa. Senza trascendere le loro convinzioni religiose, affermano con veemenza che il dramma che Giobbe stava vivendo è consequenziale al peccato e pertanto lo invitano a confessarlo e a pentirsi. Ma Giobbe, benché ignaro del motivo di tanta sofferenza, si difende da questa insinuante accusa, consapevole di essere innocente.
In questo nebuloso affresco da tinte fosche e mendaci, contrassegnato dal silenzio di Dio, Giobbe prende le distanze dall’angoscia e dall’incapacità di afferrare ciò che stava vivendo. Questo è il momento di familiarizzare con i propri limiti, scalando le vette della saggezza. Ed è così che la fede di Giobbe tracima in un atto di totale abbandono, nonostante le illazioni e le pungolature della persona più cara, la moglie, e le accuse degli amici. Il quadro di Giobbe termina è terminato dall’intervento di Dio, come a porre la firma: “Il Signore benedì gli ultimi anni di Giobbe più dei primi” (42:12). Se stai cercando ispirazione attorno a te, tra sofferenze, malattie, drammatiche situazioni sociali, politiche ed economiche di ogni genere, la sola risposta che possiamo dare è un atto di fiducia che trascende l’esistenza terrena. Credo che sia l’unico atteggiamento per cogliere pienamente i colori della vita raccolti nell’arcobaleno. Oltre i toni foschi e oscuri del pianto e delle delusioni, pennelliamo i colori del sorriso e della speranza. La fede lotta contro la delusione, la derisione della speranza, l’incomprensione di chi ti sta vicino e del silenzio di Dio. Paolo scriveva: “Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia: ora conosco in parte; ma allora conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto” (1 Corinti 13:12).
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 04
20 gennaio Genesi 49-50; Matteo 13:31-58
21 gennaio Esodo 1-3; Matteo 14:1-21
22 gennaio Esodo 4-6; Matteo 14:22-36
23 gennaio Esodo 7-8; Matteo 15:1-20
24 gennaio Esodo 9-11; Matteo 15:21-39
25 gennaio Esodo 12-13; Matteo 16
26 gennaio Esodo 14-15; Matteo 17
Comentários