E Pietro prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito».
Marco 10:28
L’episodio del ricco ha lasciato i discepoli nell’imbarazzo e lo stupore, quando Pietro interviene quasi a rassicurare che loro erano diversi dal giovane e non avevano esitato a lasciare il loro “tutto”. L’ogni cosa loro è paragonabile alle ricchezze dell’interlocutore che mestamente ha voltato le spalle e ripreso la sua strada? Le sue parole sono cariche di tensione e intrise di perplessità, ma nello stesso tempo hanno l’ardire di avanzare una rivendicazione verso il Maestro quasi con grossolana delicatezza. Lo stesso nostro fare che poi alimenta le presunte pretese di chi attende un contraccambio. Probabilmente è la stessa reazione di Gesù a favorirle. Infatti, non lascia cadere nel vuoto le parole di Pietro, ma lo sfida a viso aperto, rispondendo a lui e ad ogni discepolo: «Io vi dico in verità che non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o padre o madre o moglie o figli o poderi per amor mio e dell’evangelo, che non riceva il centuplo ora, in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madre, figli e poderi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna» (Marco 10:29-30).
Non si tratta di un’equazione ad alto rendimento, del tipo “se do 10 ne avrò 100”. Penso di aver superato questo ingenuo pensare dal malizioso tornaconto personale, ed aver compreso che Dio non ci lascia mai nel bisogno, e seppur ci soccorre e provvede non ci esenterà dalle “persecuzioni”. Ed è per questo che ritengo molto chiaro come l’essere discepoli del Signore non significa rinunciare eroicamente a quelle cose che la vita ci offre come possibilità, sebbene ciascuna di essa porterà le sue mancanze. Gesù ribadisce che rispondere alla Sua chiamata, accogliere il Regno, implicherà delle rinunce o quantomeno un riordino delle priorità. Al giovane era stato detto: “Vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri”. Si trattava di accettare il ribaltamento dei propri parametri e di liberarsi di ciò che era la maggior preoccupazione e la fonte di sicurezza quotidiana. Seguire Cristo vuol dire affidarsi completamente a Lui, arrendersi e deporre le proprie “armi”. Anche se Egli pone innanzi un incremento di vita terrena e una proiezione eterna. Chi decide di vivere il Suo insegnamento, si ritroverà una vita piena di grazie inconcepibili, e allo stesso tempo piena di problemi imprevedibili.
Di certo il cristianesimo non può limitarsi a una vita mediocre, a vivere in perenne equilibrio tra il si e il no, tra il fare e non fare. Con Gesù o tutto o niente. Attenzione però. Il Signore non chiede una pratica del distacco dalle cose materiali, ma la capacità di scegliere ciò che rende più autentico e credibile la nostra sequela come ricorderà lo stesso apostolo: «Come figli ubbidienti, non conformatevi alle concupiscenze del tempo passato, quando eravate nell'ignoranza, ma come colui che vi ha chiamati è santo, voi pure siate santi in tutta la vostra condotta» (1Pietro 1:14-15). Le sue parole a posteriori svelano come abbia superato le paure di una realtà che non capiva, forse anche per paura di soffrire. Non ci sfugga come sarà tra coloro che tornerà a pescare nei giorni post crocifissione. Il lungo e tortuoso percorso di Pietro diventa tipologico per noi, che spesso abbiamo la convinzione di aver «lasciato tutto» e la presunzione di averlo «seguito» in toto. Forse sarebbe opportuno riguardare la nostra condotta per renderci conto che ciò che abbiamo lasciato è di gran lunga minore di ciò che abbiamo trovato e ricevuto. Lasciamoci mettere in crisi dal Vangelo e da questa pericope che si chiude con una lapidaria espressione: «Ma molti primi saranno ultimi, e molti ultimi saranno primi» (Marco 10:31).
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 23
03 giugno 2Cronache 21-22; Giovanni 14
04 giugno 2Cronache 23-24; Giovanni 15
05 giugno 2Cronache 25-27; Giovanni 16
06 giugno 2Cronache 28-29; Giovanni 17
07 giugno 2Cronache 30-31; Giovanni 18:1-18
08 giugno 2Cronache 32-33; Giovanni 18:19-40
09 giugno 2Cronache 34-36; Giovanni 19:1-22
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