«Fuggi per salvare la tua vita! Non guardare indietro e non ti fermare in alcun luogo della pianura; salvati al monte che tu non abbia a perire!».
Genesi 19:17
Il flusso incessante di profughi, a bordo di carrette del mare, verso l’isola di Lampedusa o altri luoghi di primo approdo nel Mediterraneo ben rende la condizione di chi non ha altra possibilità che rischiare per mettersi in salvo. Uno stato di emergenza nei loro paesi natii che ha un’unica speranza: fuggire. Il verso biblico ci porta ai giorni di Abramo, quando suo nipote Lot si divise da lui e prese la via della pianura del Giordano, arrivando a piantare le sue tende a Sodoma (Genesi 13:10). Gli abitanti di Sodoma erano talmente perversi e ostili che ingiustizia, prevaricazione, adulterio e idolatria attraversano la città come fiumi di peccato. Abramo fu avvisato che Dio avrebbe distrutto Sodoma e Gomorra, e che avrebbe risparmiato Lot e la sua famiglia. Due angeli giunsero, infatti, a Sodoma e rivolsero a Lot l’invito di mettersi in salvo. Prima di questo il padrone di casa aveva offerto ospitalità ai due “viandanti”, che si ritrovarono presto minacciati dai sodomiti. C’era poco da pensare, si trattava di un invito improcrastinabile. Se voleva mettere al sicuro la vita sua e quella dei suoi cari, Lot non aveva tempo da perdere. Avendo messo a fuoco il pericolo e deciso di accogliere l’invito, due erano le indicazioni: “Non guardare indietro e non ti fermare”, senza indugio alcuno. E su queste vogliamo soffermarci.
Ogni volta che indugiamo ci stiamo compromettendo con il nostro ego. Non diciamo apertamente no a Dio, ma stiamo rimandando ad un indefinito domani quello che ci è richiesto ora. Nel momento che ci voltiamo indietro è come lasciare socchiusa la porta del cuore a tutto quello che per amore di Cristo ci eravamo messi alle spalle. E a pensarci si finisce per diventare strabici: un occhio guarda a Dio e l’altro al mondo, senza riuscire a guardare nella stessa direzione. L’azione del fermarsi potrebbe rappresentare addirittura l’amaro epilogo della vita cristiana, quando progressivamente si diventa statici, immobili fino alla paralisi totale simboleggiata dalla statua di sale della moglie di Lot. Il suo voltarsi indietro ci fa comprendere quanto il rimpianto possa rivelarsi devastante e distruttivo. Le manca quella dose di consapevolezza per riuscire ad elaborare e superare il passato, per poi proiettarsi al futuro con rinnovata speranza: Dio non l’aveva abbandonata a Sodoma. Gli angeli avevano raccomandato di non fermarsi nella valle, metafora dello sprofondare e chiudersi in se stessi, dove si può essere sommersi dall’altrui distruttività. Non conosco il perché la moglie di Lot abbia guardato indietro. Se fosse solo curiosità, saremmo tutti in pericolo. Quello che è certo è che incontro sovente persone che sono statue di sale, come morte, bloccate nel passato dei risentimenti o del dolore generato dai rancori o dal desiderio di vendetta che lentamente li sprofondano nella depressione.
Il passato può rivelarsi un vortice che inghiotte la gioia della vita e ne soffoca il piacere. Bisogna assolutamente uscirne, rompendo ogni indugio. Talvolta la persona in pericolo non ha la forza di staccarsi, e perciò indugia, anche mentendo a se e agli altri, innescando un’altra situazione negativa. Quanto è importante allora che qualcuno ci afferri e trascini: “Ma siccome egli si indugiava, quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, perché l'Eterno aveva avuto misericordia di lui” (v. 16). Gli angeli lo avevano fatto per tutta la famiglia, ma nonostante ciò la moglie cedette. Qualcuno ha definito questo comportamento “logica del controllo dell’ansia”. La moglie di Lot voleva controllare ciò che accadeva alle sue spalle. Quando vogliamo scandagliare eccessivamente quello che è dietro di noi, corriamo il pericolo di pietrificarci. La soluzione è una sola, alzare lo sguardo verso l’alto e verso l’Altro (Dio). Trovare salvezza sul monte vuol dire fare un cammino verso l’alto, che ci porta a distaccarci da tutto ciò che ci ha recato dolore e sofferenza: dal passato possiamo imparare. Lot e i suoi figli non si voltano e camminano verso la montagna. La moglie di Lot invece non lo fa, e le costa caro. La cura migliore per le ferite del passato è la comprensione e la compassione. Se l'Eterno ha avuto misericordia di noi per la nostra vita passata, prendiamo consapevolezza della forza e della dignità che abbiamo, grazie a Lui, e riscopriamo ciò che realmente conta al presente.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 40
25 settembre Cantico dei C. 6-8; Galati 4
26 settembre Isaia 1-2; Galati 5
27 settembre Isaia 3-4; Galati 6
28 settembre Isaia 5-6; Efesi 1
29 settembre Isaia 7-8; Efesi 2
30 settembre Isaia 9-10; Efesi 3
01 ottobre Isaia 11-13; Efesi 4
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