«Il Signore fece venire un gran pesce per inghiottir Giona: Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore…».
Giona 2:1-2
Diversamente dal nome, il grande protagonista del libro di Giona è il Signore, Colui che rivolge la Sua parola al figlio di Amittai. La Sua presenza è pregnante in tutto lo scritto e il Suo volto ne è il cuore. Infatti, ben 25 volte è usato “Yahweh”, 13 volte “Dio” e una volta “Signore Dio”. Mai si rivela giudice, anzi è sempre misericordioso, al punto da rendere questo testo “il più profondamente cristiano di tutti i libri della Bibbia ebraica”. Giona, come riportato al capitolo 4, aveva la piena consapevolezza che se si fosse recato a Ninive ed avesse annunciato quanto comandatogli dal Signore, il popolo, per timore, si sarebbe convertito. Non solo, ma sapeva che Dio alla vista della conversione dei niniviti, si sarebbe mosso a compassione e non avrebbe compiuto quanto minacciato. Al profeta quindi premeva di non perdere la sua credibilità. I rabbini cercarono di mitigare questa posizione sostenendo che, solo in apparenza la sua preoccupazione era di passare per bugiardo, ma il suo vero dramma era il disonore che ne avrebbe ricevuto l’Eterno. Se di Giona si fosse detto che era un profeta bugiardo, considerato che questi era un profeta di Dio, ne sarebbe derivato il dover considerare bugiardo anche il Signore.
Quindi Giona è frenato e deviato non tanto dal timore che la sua dignità personale sia danneggiata, quanto che venga perpetrato un oltraggio con la profanazione del nome del Signore. Questo modo di ragionare è tipicamente umano dove il metro di misura è “occhio per occhio, dente per dente”, e dinanzi ad una violenza se ne aspetta un’altra come risposta. Dio ha sempre dimostrato che la Sua misericordia va al di là della giustizia attesa dall’uomo. Quando fu gettato in mare, il profeta si aspettava che sarebbe così giunta la sua fine; invece il Signore fece arrivare un grande pesce che lo inghiottì. Si ha l’impressione che Dio perseguiti amorevolmente il profeta e non gli lasci possibilità di decidere. Difatti mandò prima il vento, poi la tempesta, e ancora la sorte; e, nel momento in cui il mare lo poteva inghiottire e porre fine ai suoi giorni, mandò un grosso pesce.
Quando il Signore decide di fare qualcosa non c’è uomo o situazione che lo possa impedire. Egli aveva deciso che Giona si recasse a Ninive, e per tale motivo lo andò a riprendere nel fondo del mare per riportarlo indietro. Giona si trovava sul fondo dell’abisso, nel bel mezzo del Mediterraneo, nel ventre di un pesce che lo aveva inghiottito e non è in uno stato confortevole, dato che ha il capo fasciato di alghe. La sua condizione ben descriveva quella dell’intera umanità. Fin quando è nel “ventre” della nave il profeta dorme e non proferisce preghiera, né per sé, né per gli altri. Poco prima aveva desiderato la morte, e ora, che è nella pancia del pesce e la vita veramente gli viene meno, non sa cosa lo attende. Quando giunge alle soglie del trapasso e a saltare nel buio invoca l’Iddio, del quale aveva disatteso il comando. «Quando la vita veniva meno in me, io mi sono ricordato del Signore e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo tempio santo» (Giona 2:8). Solo allora si ricorda del Signore. Se ti stai chiedendo come sia stato possibile, io me lo chiedo insieme a te. Di fatto il Dio pietoso e misericordioso non lo ha né abbandonato né dimenticato. Infatti, come ebbe terminato di pregare, il Signore ordinò al pesce di sputarlo sulla terra ferma. Una volta fuori si piega all’ordine iniziale di andare a Ninive.
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Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 31
27 luglio Salmi 46-48; Atti 28
28 luglio Salmi 49-50; Romani 1
29 luglio Salmi 51-53; Romani 2
30 luglio Salmi 54-56; Romani 3
31 luglio Salmi 57-59; Romani 4
01 agosto Salmi 60-62; Romani 5
02 agosto Salmi 63-65; Romani 6
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