Ora, la sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, mentre le porte del luogo dove erano radunati i discepoli erano serrate per paura dei Giudei, Gesù venne e si presentò là in mezzo, e disse loro: «Pace a voi!».
Giovanni 20:19
Con quale coraggio si può parlare della resurrezione pasquale? Me lo chiedo insieme a te, snocciolando le immagini della guerra in Ucraina che non è uno dei film della recente notte degli Oscar. Eppure in parte siamo ormai spettatori inermi. Dopo i timori iniziali che l’aggressione russa in Ucraina scatenasse l’irreparabile sulle nostre teste e sotto i nostri piedi, col passare dei giorni la gran parte di noi è uscito dal bailamme emotivo per finire ad alimentare lo share della cronaca televisiva. Se non fosse per i media e la condivisione di immagini dai luoghi teatro degli scontri, la nostra percezione sarebbe calata al punto di ridursi solo a questione economica quando ci fermiamo al distributore a fare carburante o quando giriamo tra gli scaffali del supermercato. Nei giorni scorsi, alcune immagini ci hanno messo in faccia nella loro crudezza e atrocità il volto e il corpo di una guerra assurda, che nessuno ha saputo prevenire e che nessuno ancora sa come fermare. Corpi disseminati lungo le strade o accumulati in fosse comuni sono una serie di pugnalate alla dignità della vita e della morte. La guerra è sempre morte, atrocità, distruzione, non solo degli edifici e delle strutture, è distruzione dei cuori, è moltiplicazione dell’odio e del risentimento che si protrae per generazioni e che è causa molto spesso di altre guerre.
Quanti “Abele” torturati e violentati, innocenti e pacifici resi schiavi, privati della libertà e poi colpiti freddamente dai fratelli “Caino”. Difficile avere pietà per chi è mostro dentro. Anzi, sale in noi una sete infinita di giustizia, mentre apparentemente da lassù non arriva alcun segno né parola. Si palesa la paura di non trovare risposta, come nel caso del processo pubblico dell’adultera, mentre Gesù restava a scrivere a terra, prima di demolire il nostro binomio “delitto-castigo”. Ma possiamo veramente credere che anche ai nostri giorni, Dio sia capace di perdonare chi sta commettendo non un peccato, ma un abominio? Allora, sarà giustificabile chi, oggi come nel passato, sentenzierà che davanti a simile orrore anche Dio è morto. La fede è una delle risposte plausibili, quella che soffia dentro e dona il coraggio di annunciare il Cristo risorto, perché “non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola di Dio” (Luca 4:4b). Gesù è l’Agnello di Dio, immolato per i peccati dell’umanità, e per la sua morte e resurrezione, chiunque crede in Lui può nascere di nuovo (rivivere). Per mezzo del Suo corpo spezzato per noi possiamo essere cibati della Parola di Dio. Non vi è altro alimento per la nostra fede, in giorni così difficili, ossia guardare alla pasqua come resurrezione e proiezione finale della nostra esistenza, anche quando “uno sarà preso, e l’altro lasciato” (Luca 17:34). Proprio come stanno raccontando alcuni dei sopravvissuti ucraini. Quante le lacrime…
Troppo piccoli i miei pensieri per afferrare cosa arbitri il vivere e il morire. Penso che la ricchezza dell’essere umano è proprio nei sentimenti che riusciamo a provare, nelle lacrime che rigano i volti, nelle fitte che stringono il petto. Non puoi gioire se accanto a te hai chi soffre e piange. La Pasqua (cristiana) dovrebbe favorire almeno un sentito ricordo dell’opera di redenzione compiuta da Gesù attraverso la sua morte e resurrezione. La sofferenza favorisce un grido di liberazione, sospinge i nostri passi ai piedi della croce e costringe i nostri occhi a guardare oltre il presente, tende le nostre anime all’eternità. Personalmente vorrei tanto che qualcosa cambiasse in queste ore. L’arrivo del Cristo risorto tra le mura dove erano rintanati i discepoli è accompagnato dalla pace. Mentre i primi credenti sono spauriti e intimoriti, Gesù taglia la tensione e spazza la paura: “Pace a voi”. Alla visione delle sue ferite, avendolo riconosciuto, “i discepoli si rallegrarono”. L’incontro con il Risorto reca pace, si fonda sulla pace, richiede pace. Al timore spazzato dalla pace, segue poi l’allegria. I segni nelle mani e nel corpo del Cristo parlano di dolore, sofferenza e morte. Non ci saranno parole e abbracci capaci di rallegrare quelli che sono stati strappati dalla loro terra, che pur mettendosi in salvo hanno dovuto abbandonare un caro. Lo stesso per chi è rimasto e ora vaga tra cadaveri e distruzione. L’umanità è morta un’altra volta. Dio vive, e vive in voi, cari amici (fratelli e sorelle in Cristo), chiamati a porre un freno, un rimedio, una svolta. Possa lo Spirito sospingere i vostri cuori a pezzi, facendo echeggiare le parole di Gesù: “Io mando voi”.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 16
11 aprile 1Samuele 17-18; Luca 11:1-28
12 aprile 1Samuele 19-21; Luca 11:29-54
13 aprile 1Samuele 22-24; Luca 12:1-31
14 aprile 1Samuele 25-26; Luca 12:32-59
15 aprile 1Samuele 27-29; Luca 13:1-22
16 aprile 1Samuele 30-31; Luca 13:23-35
17 aprile 2Samuele 1-2; Luca 14:1-24
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