La Pasqua cade tra il 25 marzo e il 25 aprile, nella domenica successiva al plenilunio che segue l’equinozio di primavera, nel giorno in cui si compie il passaggio dalla stagione del riposo dei campi a quella della nuova semina. Quest'anno il 31 marzo. Viene festeggiata quasi in tutti i paesi, anche in Israele, dove resta legata all’Ebraismo. In quanto festa “cristiana”, giunge dopo i 40 giorni di quaresima, penitenza (almeno per i cattolici), per cui i piatti appaiono anche come una specie di trionfo. Non c'è festa senza banchetto, e in Italia siamo esperti di arte culinaria. Rinchiusi in casa, per molti la cucina è diventata un altare. Come per altre feste, alcune pietanze del periodo comunicano con il simbolismo delle tradizioni. Consideriamone alcune.
L’uovo di Pasqua
L’aforisma latino "Omne vivum ex ovo" (ogni essere vivente [proviene] dall’uovo [nel senso di «germe»]), dal 17° secolo cerca di spiegare che la vita non può avere origine dal nulla. Nel periodo pasquale siamo circondati da uova di cioccolato, di cartapesta, dipinte e decorate, al punto che per alcuni non è Pasqua senza l’uovo. Se quelle commerciali hanno un’origine recente, le uova colorate e decorate hanno radici antichissime nella tradizione pagana. Presso i greci, i cinesi e i persiani, l’uovo era anche il dono che veniva scambiato in occasione delle feste primaverili, quale simbolo della fertilità e del perenne ritorno della vita. Gli antichi romani come rito propiziatorio per un buon raccolto seppellivano un uovo dipinto di rosso nei campi. Con l’avvento del Cristianesimo, molti riti pagani vengono recepiti, inglobati e adattati alla fede. Ecco che in occasione della Pasqua cristiana compare l’uovo, quale dono augurale, che ancora una volta è simbolo di rinascita, ma questa volta non della natura bensì dell’uomo stesso, attraverso la resurrezione di Cristo: il guscio rappresenterebbe la tomba dalla quale Cristo uscì vivo.
La colomba pasquale
Sono diverse le leggende circa l'origine della colomba come dolce. La prima risale al Medioevo, quando Re Alboino calò in Italia per assalire Pavia. Dopo tre anni di assedio, riuscì ad entrare in città alla vigilia della Pasqua del 572, ricevendo in segno di sottomissione vari regali, tra cui un dolce a forma di colomba, quale tributo di pace. Questo dolce era così invitante che costrinse il sovrano alla promessa di pace. La seconda leggenda risale al XII sec. al tempo di Federico Barbarossa. Un condottiero, osservando due colombi posarsi sulle insegne lombarde, decise d’infondere ai suoi uomini il nobile spirito di quegli uccelli, facendo confezionare dei pani a forma di colomba. In realtà la colomba nasce ad inizio Novecento quando la Motta decide di confezionare nel periodo pasquale un prodotto simile al panettone: la colomba, un dolce con un impasto simile al panettone, ma arricchito di una copertura di amaretto. Nel cristianesimo la colomba richiama la persona dello “Spirito” sceso su Gesù al Giordano “come una colomba”, mentre nell’Antico Testamento è annunciatrice del ritiro delle acque del diluvio, portando a Noè un rametto d’ulivo.
La pastiera napoletana
Una leggenda narra che Partenope, la sirena simbolo della città di Napoli, dimorasse nel Golfo tra Posillipo e il Vesuvio, e che ogni primavera emergesse per salutare le genti che lo popolavano, allietandole con canti di gioia. Una volta la sua voce fu così soave che gli abitanti ne rimasero affascinati. Per ringraziarla del canto e delle parole d’amore loro dedicate, si incaricarono sette fanciulle di consegnarle i doni della natura: la farina, la ricotta, le uova, il grano tenero, l'acqua di fiori d'arancio, le spezie e lo zucchero. La sirena depose l’offerta di questi ingredienti ai piedi degli dei, i quali li trasformarono nella prima pastiera, che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.
Tortano e casatiello
Sono due piatti a dir poco ricchi, e talmente pesanti che apostrofare qualcuno come un “casatiello”, equivale a dire che è pesante, noioso. Il casatiello, come il tortano, è una torta salata, il cui impasto è costituito da ingredienti semplici: farina, lievito, acqua, sale, pepe, strutto (sugna), uova sode, salame, formaggio e ciccioli di maiale. A questi si aggiungono le varianti: il prosciutto cotto o la mortadella, il parmigiano o provolone, ma la tradizione vuole il salame e il pecorino romano. Il formaggio è fondamentale, infatti “casatiello” viene da “caso”, ossia “formaggio” in napoletano. Il casatiello si differenzia dal tortano per le uova “incastonate” sulla superficie della torta, e fermata da strisce di pasta disposte “a croce”. Nel tortano le uova ci sono, ma sono nell’impasto, sode e tagliate a pezzi. Il casatiello, come la pastiera, è la somma di una serie di simboli radicati nella tradizione cristiana della Pasqua, ma, prima di Cristo, radicati nella spiritualità pagana dei riti alla natura.
I riti, tramutati in pietanza, sono da sempre uno strumento “propiziatorio” e rassicurante. Nel cristianesimo la farina, ingrediente base del casatiello e della pastiera, si sposa con il pane simbolo del corpo di Cristo spezzato per l’umanità, ma anche della Parola di Dio. Lo stesso vale per il grano della pastiera. Le uova, come già detto, sono simbolo di nascita, o rinascita del Cristo e dell’umanità in Cristo. Il pecorino richiama l’agnello, che ha un ruolo fondamentale tanto nelle antiche tradizioni pagane quanto nel cristianesimo, ove l’Agnello di Dio è Gesù. Altri ingredienti attingono dalla cultura agricola e pagana: i ciccioli di maiale e lo strutto sono simbolo di abbondanza e ricchezza; mentre il fiore d’arancio della rinascita primaverile. La forma di ciambella, col buco in mezzo, secondo alcuni rappresenterebbe una corona, che è tutt’altro rispetto alla corona di spine del Cristo.
Volgendoci a Cristo “nostra pasqua”, come lo definisce Paolo in 1Corinti 5:7, Gesù è l’Agnello di Dio, immolato per i peccati dell’umanità, e per la sua morte e resurrezione, chiunque crede in Lui può nascere di nuovo (rivivere). Per mezzo del Suo corpo spezzato per noi possiamo essere cibati della Parola di Dio. Non c’è uovo, pastiera o casatiello che possa comunicare all’anima nostra il grande e immenso amore che Dio Padre ci ha manifestato in Cristo Gesù. Nei giorni che dovrebbero favorire il ricordo della pasqua di Cristo, riecheggiano le parole di Gesù al diavolo: “non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola di Dio” (Luca 4:4b). Egli morì, ma resuscitò! Spero vivamente che torni il tempo in cui ci si concentrerà maggiormente sul Cristo, la sua morte e resurrezione, proprio come scriveva l’apostolo Paolo: “la nostra pasqua infatti, cioè Cristo, è stata immolata per noi. Celebriamo perciò la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malvagità e di malizia, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1Corinzi 5:7-8). Sarà difficile da accettare, ma la sofferenza tira fuori da ognuno “la sincerità e la verità”. Gesù è l’Agnello di Dio, immolato per i peccati dell’umanità, e per la sua morte e resurrezione, chiunque crede in Lui può nascere di nuovo (rivivere). Per mezzo del Suo corpo spezzato per noi possiamo essere cibati della Parola di Dio. Non vi è altro alimento per la nostra fede. Guardiamo alla pasqua come resurrezione e proiezione finale della nostra esistenza.
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Ti invito a trovare tempo e modo di leggere la Bibbia. Eccoti alcune proposte.
Istituzione della pasqua ebraica
Esodo 12:11; Numeri 33:3; Deuteronomio 16:1; 2Cronache 30:15; 35:11; Esdra 6:20
L’ultima pasqua celebrata da Gesù
Luca 22:7; Matteo 26:26; Marco 14:22.
Era l’anno 30 dell’Era Cristiana; i giorni 14 e 15 di Nisan corrispondenti al 6 e 7 aprile (del calendario gregoriano); alle ore 18 del 6 aprile, nella Città di Gerusalemme al piano superiore dell’abitazione che passerà alla storia come Cenacolo.
Foto di Mihai Eustatiu ed altri, www.freeimages.com
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