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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Sepoltura o cremazione, ultimo dilemma della vita

Aggiornamento: 17 lug 2020

Parlare di morte è argomento sempre ostico, senza tenere conto dell’istintiva repulsione di ciascuno. Eppure siamo un paese che va sempre più invecchiando e di conseguenza siamo costretti a fare i conti con un progressivo aumento della mortalità. L’Istat ha stimato un aumento esponenziale dei decessi anno dopo anno. Se sarcasticamente si potrebbe sentenziare che tutti (prima o poi) dobbiamo morire, c’è da fare i conti con una serie di difficoltà inerenti gli spazi per la sepoltura che cominciano a interessare le grandi città.


Solitamente la maggioranza delle persone protende, a secondo delle possibilità, o ad inumazione (in terra) o alla tumulazione (in loculo e in tomba). Da oltre un decennio la maggior parte dei pesi europei ha risolto la questione attraverso la cremazione delle salme dei defunti, un sistema che permette di economizzare gli spazi e di ridurre anche i costi della sepoltura. Nel nostro Paese, la legge consente di scegliere la cremazione ed anche di decidere se lasciare l’urna con le ceneri nei cimiteri o chiedere l’affidamento della teca per la conservazione in casa, così come di disperdere le ceneri in natura. Secondo i dati raccolti dalla Sefit Utilitalia (Servizi Funerari Italiani), negli ultimi cinque anni oltre ad aumentare i decessi sono aumentate notevolmente le richieste di cremazione piuttosto che di sepoltura, questo soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Secondo il responsabile della Sefit, “indubbiamente incide il costo delle sepolture, perché la sepoltura di un’urna cineraria costa molto poco, ma un elemento che nel nostro Paese ha contribuito ad aumentare la richiesta di cremazione è stata la legittimazione di questa pratica da parte della Chiesa cattolica”. Prima infatti la percezione popolare era quella di “un atto ostile alla religione e si riteneva che fosse una pratica anticristiana. Ora questa barriera è caduta”. Ma è veramente così?

Mi sono chiesto se in ambito ecclesiale e cristiano siamo pronti a questa trasformazione. Basta fare qualche domanda in giro (e io l’ho fatto) per accorgersi quanto sia ancora fortemente radicato un atteggiamento di rifiuto della cremazione, considerata come un rito pagano, blasfemo e antibiblico. Da un’analisi scritturale, nell’Antico e nel Nuovo Testamento non si ritrovano narrazioni inerenti veri riti funebri di cremazione, ma per lo più di seppellimento, in quanto nella cultura giudaica i corpi dei defunti venivano seppelliti e radunati con i padri. Si trovano però episodi di imbalsamazione (Giacobbe e Giuseppe) e di incenerimento (Saul e i figli). La prospettiva più diffusa è quella di un ritorno alla vita del corpo morto (si ricordi la valle delle ossa secche di Ezechiele 37), che quindi deve essere preservato quanti più integro possibile. Questo aspetto ha generato nella collettività cristiana reticenza e diffidenza, alimentate dal personale immaginario della vita dopo la morte, sostenute dal riferimento alla sepoltura di Cristo e da alcune immagini bibliche che presentano la vita oltre la morte come quella che nasce da un seme nascosto nella terra (Giovanni 12:24; 1Corinti 15:35-38). La pratica dell’inumazione, privilegiata nell’occidente cristiano, ricorda che l’uomo (in ebraico adam) è stato tratto dalla terra (in ebraico adamà), alla quale ritorneremo. Infatti, vi è uno stretto rapporto tra uomo e terra, come anche dal latino homo e humus. Gran parte dei credenti richiamano anche un senso di rispetto per il corpo, tempio dello Spirito, e nei confronti del Creatore.


Naturalmente, come per tutti i temi di natura etica, molto dipende dalla sensibilità personale, dato che la cremazione non fa altro che praticare più velocemente quel che in natura accade in tempi più lunghi, ossia “diventare polvere”. Sebbene la sepoltura fosse una pratica comune, ogni esegeta non avrà difficoltà a riconoscere che la Bibbia non prescrive che la sepoltura sia l’unico modo consentito di disporre di un cadavere. Al di là del rapporto che si ha con il proprio corpo, se si ha fede o meno, appare più confortevole immaginare la propria persona riposare in un silenzioso e verde cimitero piuttosto che ridotto in cenere. Restano quindi forti i motivi di ordine culturale-religioso, presenti nella cultura greco-romana poi tramandatisi nel cristianesimo. Si pensi che l’Inquisizione bruciava i dissidenti per privarli della possibilità di resuscitare, limitando (illusi) così la capacità divina di trarre la creatura dalla polvere sin dal Genesi. I cristiani che affrontarono tale morte, sapevano che Dio li avrebbe risuscitati. Erano i pagani a temere le menomazioni del loro corpo.

La prassi crematoria fu assunta tra il ’700 e l’800 dalle logge massoniche anticlericali che ne sostenevano l’uso per negare la fede cristiana nella risurrezione dei morti, ricevendo esplicita condanna da parte della Chiesa nel 1886. Si voleva affermare che con la morte tutto finiva, negando l’immortalità e la resurrezione dei corpi; il che ha fatto prendere le distanze da una tale ideologia antireligiosa e anticristiana. Dal 1963 la Chiesa cattolica – sovente punto di riferimento in ambito etico - reputa la cremazione una modalità di sepoltura rispettosa del cadavere allo stesso modo dell’inumazione, in quanto il fuoco non tocca l’anima, distrugge solo più in fretta la parte corruttibile della persona. Fa in poche ore ciò che la natura impiega più tempo a compiere. Per la resurrezione dei corpi, non c’è alcuna differenza tra la polvere e la cenere. La resurrezione non sarà un nuovo inizio a partire dalla vecchia esistenza, ma si tratterà di una nuova realtà. Il Codice di diritto canonico (can. 1176) dice però che «la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cattolica». Fuori dall’Europa, in paesi come il Giappone tutti i morti vengono “cremati”, cristiani inclusi. Si tratta di un costume scontato e senza alcuno scrupolo. È evidente a tutti che Dio non ha bisogno del nostro corpo per farci risorgere. Si tratta di un miracolo che Dio compirà, sia che il corpo sia stato seppellito, disperso o cremato. Resta pur vero che in alcuni casi l’incinerazione rischia di trasformarsi in una “moda” che finisce potrebbe banalizzare il mistero della morte. Infatti, qualcuno vi scorge una religiosità new age, che crede a una fusione cosmica e impersonale, e che nulla ha che spartire con il Dio cristiano. Qualcuno più estroso potrebbe optare per la trasformazione delle ceneri del corpo in un diamante unico, rivolgendosi alla società svizzera Algordanza. Chissà se si tratta di un segno di affetto duraturo (un diamante è per sempre) o solo un banale esibizionismo.

Come negare la ricca tradizione e simbologia della sepoltura che non esorcizza o nasconde la morte, ma che per mezzo dei cimiteri ricorda i nostri limiti e la nostra precarietà e che nello stesso tempo permette di rafforzare, o almeno tenere vivo, il legame affettivo con coloro che ci hanno preceduto. Ritengo che chi crede in Colui che è “la resurrezione e la vita” non può temere la cremazione, pensando anche a quanti appunto sono morti durante incendi o arsi per la fede. Non è giusto farne una conquista di civiltà, né replicare con delle crociate sostenute da comandamenti biblici inesistenti. Per questo alla fine “sepoltura o cremazione” si riduce una decisione di libertà cristiana, meritevole sempre del rispetto di tutti. Ciascuno può riferirsi al consiglio dell’apostolo Giacomo e pregare per avere saggezza. Del resto quel che dovrebbe preoccupare ogni credente è avere la piena fiducia di vivere con il Signore per l’eternità. Al di là del disfacimento della nostra “tenda”, Dio ci darà un nuovo corpo glorioso e incorruttibile. Anche quelli il cui corpo si è polverizzato, insieme a quelli il cui corpo è finito sbranato dalle fiere o arso, con quelli ridotti a brandelli o disciolti chimicamente, tutti risusciteranno. Per quanto mi riguarda, per ora, opto per essere sepolto, come lo furono la gran parte dei testimoni dell’evangelo e coloro che mi hanno introdotto al ministero. Conscio della costante vicinanza della morte, vivo il presente nella beata speranza della resurrezione insieme a tutti i santi, semmai il Signore non dovesse tornare prima, per essere sempre con Lui secondo quanto dichiarato dall’apostolo Paolo: “perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore” (1Tessalonicesi 4:16-17).


Per approfondire

Un seminario che offre spunti di riflessione anche sul funerale e sui cimiteri, allo scopo di stimolare una coscienza consapevole, rispettosa della vocazione e nella certezza che "sia che viviamo o che moriamo, siamo del Signore".



Foto di Jean Carneiro, www.freeimages.com



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