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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Tutti hanno bisogno di letame

Signore, lascialo ancora quest’anno, finché lo scalzi e gli metta del letame e se fa frutto, bene; altrimenti, in avvenire lo taglierai.

Luca 13:8-9

Il titolo di questo devotional è un’espressione posta a sottotitolo del mio libro "Il vignaiolo e il fico" con cui esprimevo la necessità di ogni credente di trovare e ricevere, entrando a far parte della vigna del Signore, della cura necessaria alla crescita e alla fruttificazione spirituale. Non c’è persona che non abbia bisogno di sentirsi curata, circondata da quell’attenzione capace di infondere serenità o quantomeno di rendere consapevoli che non si è soli. Un grido di solitudine e di aiuto si leva da tanti credenti (i vari alberelli del campo del Signore) costretti la maggior parte delle volte a fare i conti con una condotta di tagli: quando non si vede crescita e contribuzione può accadere che si decida di abbandonare e in alcuni casi addirittura di tagliare. La parabola in questione mi dice che l’atteggiamento di chi è coinvolto nella responsabilità del campo deve essere tutt’altra.

“Era mattina? Era sera? Era un giorno di tanto tempo fa quando il padrone di un campo si recò nel suo terreno in cerca di fichi. Nel suo campo, un esperto vignaiolo si prendeva cura della vigna che occupava probabilmente la gran parte del terreno. Il padrone però non era interessato all’uva. Il suo sguardo andò direttamente al fico ma, ahimè, non c’erano frutti: non era la prima volta. Chissà quante volte in tre anni le sue speranze di dolcezza si erano infrante sulla sterilità della pianta. “Basta! Questa è l’ultima volta che non trovo frutto”, si sentì urlare. Il vignaiolo accorse preoccupato. Alla vista del padrone, temendo per il suo lavoro e per le sorti della vigna, udì invece comandarsi: “Taglia il fico!”. Lui è sì addetto alla vigna, ma è alle dipendenze del padrone: non può rifiutarsi. Il suo cuore però non può vedere una pianta morire. Che fare? Innanzitutto occorre che il padrone cambi idea. Allora intercede affinché l’albero sia risparmiato, rendendosi disponibile a curarlo per un anno. Sì, chiede al padrone un altro anno di pazienza. In questo anno lo avrebbe scalzato e concimato con del letame. La storia termina qua (Luca 13:6-9).


Ognuna delle parabole proposte dal Signore racchiude in sé possibili risvolti e applicazioni per la nostra vita, se permettiamo alle parole di rivelarci la Sua volontà. Luca scrive che la folla andava a Gesù «per ascoltare la parola di Dio» (5:1), riconoscendo che dietro le parole umane c’era una voce soprannaturale in grado di parlare al cuore, trasformare le vite e produrre i miracoli. Basta leggere il seguito quando Gesù, salito e sedutosi sulla barca di Simone, “parla” alla folla e “terminato di parlare” ordina allo stanco pescatore di gettare le reti sul lato destro della barca. L’esperto pescatore aveva tante ragioni per desistere ma, dopo aver ascoltato “la parola di Dio”, non può che passare all’azione e vedere manifestarsi l’inimmaginabile. Tornando alla vigna, la maggior parte delle meditazioni che ho ascoltato su questa parabola ha concentrato l’attenzione sul fico e sul fatto che non porta frutto, facendolo diventare paradigma di una fede che non manifesta opere degne del cristianesimo. Suggerisco di percorrere un sentiero diverso che non ignora il fico, ma lo osserva in relazione al vignaiolo, facendo di quest’ultimo oggetto principale. Sono stato sempre attirato dal fico della parabola e dal comportamento del vignaiolo, riconoscendo il crescente bisogno che si sparga del concime salutare su tutti.


Con esempi di vita quotidiana, Gesù proponeva insegnamenti di assoluta profondità. A differenza di altre parabole, il Vangelo non offre spiegazioni, ma lega il racconto ad alcuni episodi di cronaca oggetto di domande al Maestro: Pilato che aveva ordinato l’uccisione di persone che svolgevano i loro sacrifici religiosi; la caduta della torre di Siloe sotto le cui macerie erano morte diverse decine di individui. Episodi di cronaca simili a quelli odierni, ove quotidianamente si annoverano morti per mano violenta, per tragedie o per eventi naturali. Nella cultura giudaica si riteneva che chi perisse di morte violenta o per incidente fosse colpevole dinanzi a Dio e che gli eventi, non fossero altro che il palesarsi della giustizia divina o comunque una conseguenza del peccato, nel solco che “si raccoglie quel che si semina”: si guardi a Giobbe e alle accuse dei suoi amici. Gesù fece sapere che quella concezione non corrispondeva a vero, raccomandando loro che l’unica vera preoccupazione doveva essere il ravvedimento, in mancanza del quale sarebbero anche loro periti come quelle persone: vi è una morte che aspetta tutti quelli che non si ravvedono e che non prendono coscienza della loro condizione.


Per trasferire questo insegnamento il Signore narrò di un fico collocato in una vigna affidata alle sapienti cure di un vignaiolo. Il fico in questione era al terzo anno in cui non produceva frutti; dinanzi a tale situazione il padrone del terreno chiese al vignaiolo di tagliarlo. Questi avrebbe potuto semplicemente obbedire, ossequiando la decisione del padrone e non ponendosi alcuno scrupolo per il lavoro finora svolto. Invece, mosso nel profondo, propose una soluzione alternativa, prendendo così tempo: «Signore, lascialo ancora quest’anno, finché lo scalzi e gli metta del letame». Quanto abbiamo da imparare da questa disposizione di cuore.


Se vuoi conoscere meglio la cura del letame, puoi leggere il mio libro.

 




Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 03

09 gennaio Genesi 23-24; Matteo 7

10 gennaio Genesi 25-26; Matteo 8:1-17

11 gennaio Genesi 27-28; Matteo 8:18-34

12 gennaio Genesi 29-30; Matteo 9:1-17

13 gennaio Genesi 31-32; Matteo 9:18-34

14 gennaio Genesi 33-35; Matteo 10:1-20

15 gennaio Genesi 36-38; Matteo 10:21-42




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