Storia complicata quella di Ciro (Cira) e Maria Paola, in un contesto di per sé già difficile quale il parco Verde di Caivano (periferia nord di Napoli), terra di frontiera sotto molti aspetti, dove ogni giorno molte famiglie combattono per giungere al giorno dopo, e a me noto per lavoro ma anche per missione, avendo in zona una comunità.
L'amore "transgender" di questi giovanissimi, mai accettato dalla famiglia di Maria Paola, è finito tragicamente nella notte tra venerdì e sabato (11/12 settembre) nel fosso di una stradina di campagna della vicina Acerra. Maria Paola, in fuga con Ciro su uno scooter, è caduta sbattendo mortalmente la testa contro una colonnina di cemento che provvede all'irrigazione dei vicini campi agricoli, dopo essere stati speronati da Michele Antonio, fratello di lei. Un epilogo tragico, che probabilmente non era nelle intenzioni e nei desideri di alcuno. Solo l'ennesimo tentativo di porre fine a una relazione giudicata "impossibile".
Come ha immediatamente esortato don Maurizio Patriciello (sacerdote nel parco Verde), facciamo attenzione "a non dipingere come una storia di omofobia" quella che è una tragedia multipla, e dove gli interessati non hanno forma mentis pronta per accogliere o solo confrontarsi con tali "novità sessuali" o cambiamenti sociali, ma ancora prede della gogna di quartiere. Resta pertanto ignobile la repentina strumentalizzazione LGBT nel piano dibattito del disegno legge Zan. Dovremmo imparare a volare alto e a valutare le situazioni per quel che sono.
Nel concreto ci sono due genitori che hanno perso tragicamente una figlia appena maggiorenne, troppo piccola per "certe cose" e mentre versano lacrime per lei hanno un altro figlio in carcere, da difendere e aiutare, perché accusato dell'omicidio della sorella. Un'altra famiglia che fin qui aveva accompagnato e protetto una figlia/figlio senza allontanarlo, ora lo vedono al centro di un vortice mediatico e con lui tirati sulle prime pagine. Giovani e adulti fragili, fragilissimi ... che il palcoscenico mediatico stritolerà nei prossimi giorni. Un rione, una terra troppo martoriata ... resta invece indifesa.
Purtroppo siamo pronti al commento facile, a esprimere sentenze in tono finanche ironico e offensivo, quando riguarda gli "altri". Come Michele Antonio, nessuno è in grado o in diritto di "dare una lezione" a nessuno. Abbiamo tutti ancora da imparare ai piedi del Maestro, ed io in primis. Ritengo che siamo sfidati al confronto ormai quotidiano con amori diversi e sempre più ricorrenti nelle nuove generazioni, e non solo. Infatti, tra stupri ed omicidi troppi giovani ultimamente hanno dato il peggio di sé, in una escalation di violenza che riguarda tutti, etero od omosessuali, maschi o femmine, italiani ed extracomunitari. Forse è venuto meno il ruolo educativo e formativo, o forse lo abbiamo abbandonato noi. Se così fosse, è tempo di reagire. Abbiamo ovunque fuochi nascosti, che si alimentano nel silenzio timoroso, ma che primo o poi esploderanno fragorosamente. Siamo di fronte ad una lezione che ha da insegnare qualcosa a ciascuno di noi.
In casi come questi, la chiesa e chi la rappresenta deve avere forza e capacità di ammantare con la grazia e la misericordia tutti gli interessati, continuando quel lavoro di frontiera nelle periferie troppo dimenticate e abbandonate dai nostri governi, se non per essere riscoperte puntualmente alla prossima campagna elettorale. Noi dal nostro canto continuiamo il nostro modesto e umile lavoro, portando avanti l'opera di evangelizzazione e testimonianza sia a Caivano che ad Acerra (luogo dell'incidente) come in ogni luogo ove ne avremo la possibilità.
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