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Una vita lagom

Immagine del redattore: Elpidio PezzellaElpidio Pezzella

La Scandinavia, un tempo terra di vichinghi, da alcuni decenni è in prima linea sui cambiamenti sociali e sulle questioni ambientali, risultando culturalmente un paese all’avanguardia e ora finanche fonte di ispirazione trendy. Il World Happiness Report ha collocato la Svezia, paese scandinavo, tra i primi al mondo, dato che “supera gli altri paesi in quasi tutto”: nelle imprese, nell’uguaglianza di diritti e nella soddisfazione della popolazione, che ha “la migliore reputazione a livello mondiale”.

“Né troppo, né troppo poco: il giusto” è il significato della parola svedese lagom, divenuta negli ultimi mesi indicatore di una nuova tendenza anche ad altre latitudini. Racchiude un concetto che spazia tra l’etico e l’estetico, che indica una certa predilezione nordica per l’equa via di mezzo, e che sta catturando l’attenzione mediatica. La filosofia del lagom si può sintetizzare con “l’essenziale, quel che serve realmente”: una vita vissuta serenamente, senza ansia di emergere ma senza neppure conformarsi troppo alla massa; un look privo di eccessi, oppure una scrivania ordinata, con nulla di più oltre quello che serve. “Lagom” si incarna anche nell’attitudine degli svedesi di scegliere il latte, né intero né privo di grassi, bensì parzialmente scremato.


Attraverso il “lagom” dalla Svezia sta arrivando un messaggio alla società affinché rifletta sull’importanza della moderazione nel modo di vivere, in modo da raggiungere l’armonia familiare, professionale, sociale e ambientale. Tutt’altro che innovativo, ma nettamente in controtendenza ai ritmi spasmodici del vivere quotidiano, fa leva sulla logica e sulla semplicità nel cercare un equilibrio di vita fortemente legato allo stato di salute del pianeta. In questa direzione sono proposti una serie di suggerimenti, che hanno, a mio parere, molto di evangelico, e il cui ordine è molto personale. Quindi, rivedere le proprie abitudini nei consumi, e gestire il proprio denaro in modo più oculato; chiedersi se il proprio comportamento sia sostenibile e rispettoso dell’ambiente e delle risorse naturali; darsi da fare per conciliare lavoro e vita familiare; prendersi cura del proprio corpo mediante sport e alimentazione sana; essere soddisfatti di ciò che si ha, perché è sufficiente per essere felici.


Al di là che queste tendenze possano essere un potente strumento di marketing per promuovere l’immagine internazionale di un Paese e delle sue imprese, credo sia opportuno interrogarci a riguardo perché l’appello di certo non è nuovo. Non lo è anche e soprattutto se relazionato ad alcune storture bibliche che hanno preso oggi piede, e che vorrebbero la vita di un credente nello sfarzo più assoluto, propugnando le leggi dell’accumulo in nome di un “vangelo della ricchezza”. Alcuni filosofi greci, tra cui Demetrio e Socrate, quando ancora in Svezia non c’erano neanche i vichinghi, predicavano il rifuggire dagli eccessi. Il testo veterotestamentario era già avanti, avendoli anticipati da tempo. Infatti, il sapiente ammoniva che «è meglio un tozzo di pane secco con la pace, che una casa piena di carni con la discordia» (Proverbi 17:1).


Qualche secolo dopo un uomo galileo predicava: «Non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno» (Matteo 6:25-34).


Successivamente l’apostolo Paolo esorterà il più giovane Timoteo ad essere contento del proprio stato, indirizzandolo ad uno stile di vita che per i nostri giovani sarebbe improponibile. «La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno. Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti. Invece quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione» (1Timoteo 6:6-9).


Parte della realtà ecclesiale attuale sta abbracciando l’aspetto temporale di quella che può essere la benedizione divina, puntando ad una ricchezza materiale che troppo spesso è preferita alla ricerca di abbondanza spirituale. Pur concordando sul ritenere l’agiatezza anch’essa un dono di Dio, c’è da tenere ben presente che se idolatrata può diventare un laccio, o come Gesù stesso la definì “mammona” (Luca 16:9 e ss.). La nostra ricerca quindi non sia indirizzata ad una “prosperità” di tipo materiale, bensì a quanto va oltre e dura in eterno o quantomeno a un vivere godendo di quel che abbiamo e che Dio ci ha donato. Un verso può essere esplicativo in tal senso e racchiudere la summa del messaggio biblico: “Quel che fa ricchi è la benedizione dell’Eterno” (Proverbi 10:22). Questo perché siamo ricchi in Cristo, sia nei luoghi celesti che su questa terra. Agostino d’Ippona diceva che “la felicità è continuare a desiderare ciò che già si possiede” e noi possediamo tutto in Cristo. Vivere nel giusto di conseguenza non dovrebbe essere molto difficile.



Foto di Tory Byrne, www.freeimages.com



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Per rispondere all’aspirazione e al desiderio di tanti onesti credenti di trafficare i talenti ricevuti, mi sono impegnato a formare uomini e donne fedeli per “un servizio che serve”, seguendo l’invito di Gesù (Mt 20:26-27). Il materiale proposto vuole offrire occasioni di formazione e crescita personale non da paventare ad altri, ma una condivisione per crescere assieme, lontani da polemiche, accuse e ogni forma di giudizio volto a alimentare dissidi e contese inutili. Io ci provo! 

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